Esiste solo il profitto, e dentro a questa logica devono muoversi artisti e persone che al profitto non vorrebbero pensare. Devono scrivere film, parlare delle proprie ossessioni ed essere pronti a cambiare attore in corsa, scegliendone uno che potrà lavorare solo di notte, essere pronti a respingere attacchi dei produttori, vendere pubblicità nel loro film e fare tutto pur di arrivare alla fine.

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Quando Jack Warner della Warner Brothers decise di iniziare la sua guerra personale contro il nazismo, Hollywood si schierò. Casablanca doveva essere uno dei molti film che propagandavano un ingresso in guerra dell’America, girato con budget medi ed espedienti da studio system e invece finì per essere il cult definitivo.

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Cosa successe quando una troupe cinematografica e le sue star arrivarono in un paesino della Sicilia per girare un film che raccontasse proprio quello: la Sicilia? Come furono accolti dalla stampa, come furono seguiti e poi cosa avvenne quando finalmente il film uscì e fu visto. L’Italia in sintesi.

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Anche Steven Spielberg, l’enfant prodige del cinema americano, può sbagliare tutto. E di grosso. Andando contro i consigli di tutti Lo squalo fu una lavorazione terribile, sfociata nella violenza verbale, dominata dall’inefficienza e dalla stupidità giovanile. Eppure solo qualcuno come Spielberg poteva trarre da tutte queste difficoltà un capolavoro.

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Forse la lavorazione più infernale della storia del cinema occidentale. Un progetto folle che nasceva folle perché la follia era esattamente il suo punto e che ha coinvolto artisti, musicisti e infine uno degli attori più pericolosi di sempre: Klaus Kinski. Eppure dietro la storia di Fitzcarraldo, le sue avversità e difficoltà mortali, c’è tutta l’incredibile poesia e la futilità insite nel produrre un’opera d’arte.

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Non c’è sforzo più titanico di provare a cambiare un’intera industria dal basso, a partire da una coppia di film come non se ne erano fatti. La storia di cosa sia successo a Gabriele Mainetti e Nicola Guaglianone tra il successo di Lo chiamavano Jeeg Robot e l’uscita di Freaks Out, non è solo quella del film ma anche di un intero settore, il cinema italiano, in una fase di transizione.

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Ci sono pochi film nati da uno stato di povertà come quello da cui è nato Rocky. Raramente si è visto qualcuno investire così tanto (avendo così poco) nella scrittura di un progetto solo. Quasi mai è stato necessario vendere un cane per potersi permettere di andare avanti. Una storia che non è poi troppo diversa dalla storia che il film racconta.

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A partire dalla rabbia per un’occasione persa nasce l’idea di cambiare tutto, di girare un film come non se ne erano mai fatti e di farlo in autonomia. Nonostante la fama di Hitchcock in quel momento nessuno era pronto a rischiare su di lui, e così, ormai maturo e per niente giovane, in un’epoca in cui il cinema indipendente non esisteva, prese la decisione senza senso di fare tutto da sé.

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