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Una parola al giorno

By: ANDREA POLIDORO
  • Summary

  • Le parole pesano. Le parole curano. “Una parola al giorno” è uno spazio senza pretese nel quale riflettere insieme sul senso di ciò che diciamo e che viviamo.
    ANDREA POLIDORO
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Episodes
  • Conclusione
    May 4 2022

    Non è mai facile mettere la parola “fine” ad un qualcosa che si è cominciato e che si è vissuto con passione ed entusiasmo. È per questo che oggi termino questa prima peregrinazione tra le parole proprio con la parola “conclusione”. Conclusione viene da "cum claudere", "chiudere con", ed ho pensato istintivamente, a questo "chiudere con" come ad una fine, una spaccatura, una rottura, dolorosa, bruciante, rabbiosa. Eppure la preposizione "con" ci fa capire che una conclusione può essere vissuta anche in modo inclusivo, dove per girare veramente una pagina c'è bisogno dell'altro, degli altri.

    Il verbo latino “claudo”, concludo, fa pensare anche ad un’altra parola: zoppicare. In fondo, spesso quando ci troviamo a scrivere la parola “fine” di un qualcosa, ebbene sì, zoppichiamo, anche vistosamente! È come se perdessimo per un attimo o per il periodo di cui abbiamo bisogno, la nostra stabilità, il nostro pieno contatto con la terra. Di fronte ad una fine, ci sentiamo più fragili, più vulnerabili. I nostri passi perdono fiducia. Il nostro procedere si fa incerto. Perché non è mai scontato, semplice, indolore, voltare una pagina e cominciarne una nuova. Forse è anche per questo che spesso tante storie, tante situazioni si incastrano sulla soglia di una possibile conclusione che però non avviene mai.

    La conclusione ha qualcosa da dirci. Dice qualcosa di noi, dell’altro, degli altri, del nostro modo di vivere i rapporti, di quanto siamo consapevoli di ciò che ci si muove dentro e dei colori che diamo alla vita. La dice lunga sul nostro modo di maneggiare le emozioni, sulla nostra capacità di ascolto. Forse la nostra difficoltà deriva dalla cultura che respiriamo nella nostra società odierna. Viviamo molto di immediatezza, scuciti dalla memoria e dalla progettualità del domani, svuotati però dalla potenza dell’abitare il momento presente. Sembra che la nostra generazione, ed i giovani ancor più, siano incapaci di convivere con la fragilità, con l’ineluttabile fine delle cose. 

    Dobbiamo riconoscere poi che la nostra società occidentale ha un grosso problema con la fine ultima: la morte! Viene ancora negata, rimossa, perché ci confronta con un’intensità pazzesca ad un mare di cose di fronte alle quali ci sentiamo persi ed incapaci di assumere, di fare nostre, di elaborare, metabolizzare. Passaggi necessari per vivere pienamente ed in verità! Ma una società che nega la morte, amputa in qualche modo la vita stessa. Le toglie il suo compimento. Le disconosce un pezzo importante di senso e ciò non aiuta a vivere forse nel modo migliore! La rimozione della fine spoglia anche il fine.

    Spesso la parola fine ci sta solo chiedendo di fare come una constatazione amichevole di alcuni aspetti della nostra vita che non calzano più con ciò che siamo diventati col tempo. La vita inesorabilmente, e aggiungo io, silenziosamente, ci cambia. Ci sono cose che col tempo non ci appartengono più, che ci stanno strette, che sono diventate scorie del passato, che non sentiamo più nostre. DI fronte ad un capolinea a volte l’unica cosa che possiamo fare è semplicemente accettare, accogliere, desistere, riconoscere, lasciare. Ogni conclusione racchiude quindi delle opportunità, delle sfide. Porta dentro di sé i semi di nuovi inizi che fatichiamo spesso a vedere mentre siamo avvolti dalla nebbia fitta delle emozioni che ci travolgono.

    Quest’ultimo podcast non è quindi una fine, ma ancora una volta, il proseguimento del viaggio che puoi vivere verso di te, in apertura all’altro, agli altri, andando incontro alla Vita! 

    Continua felice il tuo percorso, abbi cura di te e vivi il momento presente! Il resto, conta relativamente!

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    27 mins
  • Tempo
    Mar 23 2022
    Ah dio mio, come passa il tempo…! Quante volte ci sorprendiamo ad ammettere l’inesorabilità delle ore che scorrono! Ti dico questo perché sì, è già un anno che ho cominciato un po’ per gioco, un po’ per diletto questa rubrica, e mi sorprendo a vedere quanta strada abbiamo fatto insieme! Il tempo, quest’entità astratta, sfuggente, che però ci avvolge e determina la nostra vita. Il tempo…che non ci basta mai, che ci passa veloce tra le mani, che ci sospinge in avanti senza pietà in questo viaggio che è la vita, dove ogni tanto vorremmo frenare, fermare le cose, come per assaporarle meglio. Quante volte ci sentiamo nella morsa del tempo.  Il tempo è una dimensione alla quale l’uomo è confrontato da sempre. Il concetto di tempo è infatti molto antico e non a caso ha affascinato i padri della filosofia. Diciamo che l’uomo nel corso dei secoli ha cercato di prendere le misure con la realtà del tempo. Ma il tempo sfugge ad ogni controllo.  Il tempo è passato poi da una dimensione fisica e filosofica, ad una dimensione soggettiva, esistenziale. Il tempo esiste perché lo si percepisce nella vita. È diventato quindi memoria legato al passato, impegno riguardo al presente ed attesa rispetto al futuro. Sì, perché il tempo è vita: vita vissuta dentro ad una storia. Vita che ci plasma, ci invita, ci offre delle proposte nell’attimo presente. Vita promessa per il nostro domani. Ne parlo in questo nuovo podcast. Con l'umiltà di sempre. Buon ascolto! --- Send in a voice message: https://podcasters.spotify.com/pod/show/andrea-polidoro/message
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    23 mins
  • Preghiera
    Mar 15 2022

    Lascio sempre che sia la vita a suggerirmi una nuova tappa da vivere insieme a te. Le cose che viviamo, i fatti e le immagini che ci toccano, i racconti che ci entrano nel cuore. Tutto mi parla. Ed oggi, ho sentito l’invito a soffermarmi su una parola molto impegnativa e per la quale mi sento profondamente inadeguato. È la parola preghiera. Non credere che sia qui a balbettare qualcosa della preghiera, con la presunzione di chi ha capito tutto. No, assolutamente. Provo a riflettere su questa parola a partire dalle mie domande. Il tema è vasto. Da dove possiamo partire? Mah, direi da una constatazione. E cioè quella che sembra dirci che l’uomo ha sentito probabilmente sin dagli albori della sua storia, il bisogno di andare oltre se stesso e rivolgersi ad un’entità più grande. Ha rudimentalmente sentito che era solo una piccola parte di un tutto molto più grande di lui. 

    C’è sempre stato però un grosso problema: la sofferenza delle vittime e le conseguenti domande generate nel dolore. “Perché dio ha permesso questo? Perché ha lasciato che morissero degli innocenti? Perché non è intervenuto in nostra difesa contro i violenti?". C’è stato un evento terribile della nostra storia che ha suscitato profondi interrogativi in ogni uomo e donna, credenti o non credenti. La Shoah. Di fronte all’assurdità e all’orrore di questa immane tragedia, è nata spontaneamente nei cuori la dolorosa questione: e Dio dov’era? Dopo Auschwitz, secondo Hans Jonas, parlare di onnipotenza di Dio è del tutto impossibile. Qualcuno disse che dio era proprio in quei campi concentramento dove morivano gli innocenti. E allora mi chiedo: può questa idea di dio riconciliarci con lui e aiutarci ad andare oltre quella rabbia e quel senso di impotenza che a volte sentiamo dentro di noi? 

    Di questo e di molto altro provo a parlane in questo podcast. Con le mani vuote. In punta di piedi. Con l'umiltà di chi si sente in continua ricerca e spoglio di verità assolute. 

    Buon ascolto!

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    35 mins

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