• Inter-Juve 1-0, Inter a +4 e svolta scudetto (ep. 60, 5 febb 2024)
    Feb 5 2024
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    Gatti che se la butta dentro di petto, lui che addirittura qualche gol pesante per la Juve lo aveva pure segnato, e amen. La frittata è fatta e l’Inter se la divora. Inzaghiani a +4 sugli allegriani e una bella, robusta opzione sullo scudetto. Se l’Inter vincesse a Bergamo anche il recupero con l’Atalanta, sarebbe +7 e la storia comincerebbe a indirizzarsi seriamente e trionfalmente nel senso che tutti immaginiamo...
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  • Inter-Juventus in un minuto e in 3 duelli (ep. 59, 29 genn 2024)
    Jan 29 2024
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    Inter-Juve in un minuto. La partita decisiva per lo scudetto, nei tre fondamentali duelli
    hang contro Elkann
    dico John Elkann, anche se troppo algido e distaccato, ma Zhang dà proprio l’idea di essere di passaggio. In ogni caso entrambi non sono Massimo Moratti e Gianni Agnelli, non hanno football nelle vene.
    Inzaghi contro Allegri
    dico Allegri proprio perché passa da dinosauro difensivista, ma è pragmatico, fuori moda, fumantino. Inzaghi è preciso, scientifico, forse addirittura più bravo e aggiornato ma meno caldo e coinvolto.
    Lautaro contro Vlahovic dico Lautaro, perché è argentino fuori schema, prototipo lontanissimo da Maradona, molto poco irregolare, soldato fedelissimo98999. Da spalla di altri primattori, come Lukaku, a protagonista lui stesso, esecutore micidiale e implacabile. Uno da un gol sicuro e pure pesante a partita. Vlahovic potrebbe essere davvero tornato quello della Fiorentina, ma soffre troppo le partite e i riflettori puntati addosso.
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  • In morte di Gigi Riva, un grande italiano
    Jan 23 2024
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    Non ci ha lasciato il tempo di soffrire e tremare per lui, solo quello di piangere.
    Se ne è andato Gigi Riva - Gigirriva, Rombo di Tuono come lo chiamò magnificamente Gianni Brera, di cui era amico - se ne è andato in silenzio, da uomo aspro ma generoso, ombroso ma passionale, grande, enorme, chiuso in se stesso e proprio per questo molto, ma molto umano. Poteva essere Dio e non si comportò mai come tale, rimase uguale agli altri perché sostanzialmente dentro era convintamente un pastore, un pescatore, un minatore sardo. Un uomo di popolo, nato povero, e rimasto sempre tenacemente attaccato a quella tradizione. Orgoglioso e molto geloso della sua solitudine. Il grande campione che è stato non lo dirò certo io, tutto ciò che ha fatto fa parte dell'epopea del calcio, cosa ha fatto lo ha detto la storia del nostro calcio e non solo quella. Io vi dirò che Gigi Riva è stato davvero un pezzo d’Italia, cui dette in sacrificio entrambe le gambe, è stato un attaccante come nessun altro (35 gol in 42 partite della nazionale è ancora un record imbattuto), è stato il suo sinistro, la botta fortissima, la rovesciata, il colpo di testa, è stato la nostra bandiera, Italia-Germania 4-3, la nostra gioventù, il Cagliari dello scudetto più ricordato ed esaltante (1970), la Sardegna, il suo popolo, la sua gente, la sua vita, quel mondo così lontano e di provincia per cui disse no al grande calcio, alla Juventus, ai soldi. Gigi Riva è stato la parte migliore di noi stessi. Avesse avuto un Coppi come compagno di strada direi Gino Bartali. Ma forse è stato anche di più. Non ho potuto conoscerlo da giocatore, l’ho conosciuto bene da dirigente della Nazionale. Ed era una persona straordinaria, immensa, che sapeva commuovere. Indispensabile e fondamentale per i giocatori, che gli volevano un bene da moritre, e riconoscevano in lui una grande autorità morale. Per noi tutti italiani Gigi Riva è stato come Pertini, Don Milani, De André: un grande italiano. Negli anni 90 eravamo insieme a Bari, una sera tardi su un marciapiede della città vecchia, mentre si stava chiacchierando in gruppo, un uomo anziano, molto malandato che zoppicava e camminava a fatica, attraverso’ la strada per assicurarsi dell'impressione che aveva avuto: “Ma sei Riva? Tu sei Gigi Riva?”. E si mise a piangere per la commozione e i ricordi che quell’uomo gli scatenava, Riva suscitava gli stessi sentimenti che anni dopo avrebbe suscitato Maradona. Qualcosa di molto oltre il calcio, molto vicino alla religione e al culto. Ogni incontro per lui era un pezzo di vita degli altri che gli veniva addosso, sentiva il dovere di ascoltare e di darsi a ognuno per quel che era possibile. Si è dato talmente che la sua anima è rimasta segnata, consumata. La depressione gli aveva lasciato un buco dentro.
    Mi ha colpito che abbia rifiutato l'operazione al cuore che probabilmente lo avrebbe salvato, ma non mi ha stupito del tutto. Il nostro io profondo è misterioso, imperscrutabile. E’ morto Gigirriva, Rombo di Tuono però non è morto, il rombo non si spegne, quello si sente ancora.
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  • Ribaltone guardie e ladri. Il sorpasso (virtuale) della Juve sull'Inter. (ep. 57, 22 gennaio 2024)
    Jan 21 2024
    Un golpe di stato, non appena l’Inter si assenta dal suolo patrio per impegni inderogabili, la Juventus sovverte la classifica e si piazza al comando. I due gol di un Vlahovic a Lecce all’improvviso diventato implacabile - 11 gol totali, 5 nelle ultime tre partite: cos’è successo? quale segreto c’è alla base della rinascita del centravantone serbo? - danno origine a una classifica e a un primato ufficialmente solo virtuale, ma che adesso fa da pungolo e potrebbe persino mettere un po’ d’ansia addosso all’ Inter. Ammesso che una squadra così forte soffra anche di debolezze umane del genere. Da adesso in poi la differenza, scontro diretto a parte del 4 febbraio a San Siro, la farà il recupero dell’Inter con l’Atalanta fissato addirittura a più di un mese di distanza (28 febbraio). Senza cavalcare troppo con la fantasia è ovvio che i nerazzurri non possano non andare con la testa al campionato di due anni fa, quello poi vinto dal Milan, con la famosa partita col Bologna rinviata causa Covid e spostata 4 mesi dopo gennaio e alla fine persa malamente. Non so adesso quanto l’Inter benedirà questo impegno per la Supercoppa con una settimana di trasferta forzata a Riad. Restando alla nota parabola di Allegri, e al richiamo cinematografico di Totò e Aldo Fabrizi, ora le guardie diventano ladri e i ladri diventano guardie, in un grottesco ribaltone dei ruoli e dei copioni della sceneggiatura. Era da tre anni e mezzo, e cioè dai tempi dello scudetto epoca Sarri, che la Juventus non era prima in classifica da sola. Sarà anche un mondo tutto virtuale, ma fino a certo punto. E’ ormai più che evidente che tutta questa differenza tra Inter e Juventus non esiste. E’ una sfida totale, di gambe e soprattutto di testa. Chi sia il ladro e chi sia la guardia adesso è perfino più complicato capirlo.
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  • Supercoppa a Riad, l'Inter fa 3 gol alla Lazio, finale col Napoli (ep. 56, 19 genn. 2024)
    Jan 19 2024
    Se avessimo evitato di costruirci altre due inutili partite sopra saremmo arrivati allo stesso risultato, come quando la Supercoppa si giocava in una partita secca: la vincente dello scudetto contro la vincente della Coppa Italia. La Supercoppa Italiana a Riad se la giocheranno l’Inter e il Napoli, finale abbastanza scontata e secondo pronostico dopo che le due finaliste si sono liberate fin troppo comodamente e con lo stesso risultato (3-0) delle proprie avversarie in semifinale: Lazio e Fiorentina. Le due intruse di questa Supercoppa, che infatti non l'hanno giocata proprio. Thuram subito, raddoppio di Çalhanoğlu su rigore, chiusura di Frattesi: ci sono partite in cui l’Inter dà ampia dimostrazione della sua superiorità, negli uomini e nel gioco. Alla Lazio non ha dato spazio alcuno e preso con sicurezza il controllo della situazione da Thuram a Çalhanoğlu, da Dimarco a Lautaro. A Sarri questa carnevalata nel deserto non piaceva affatto e si è visto benissimo. Non è partita su cui si possono fare bilanci o tirare conclusioni, la differenza la farà la conquista della Supercoppa, trofeo che vale sportivamente poco ma alla fine un bel gruzzolo di soldi per chi lo vince (circa 7 milioni), ma proprio per questo il lasciarlo agli altri fa fare la figura dei fregnoni. Già l’Inter aveva pagato il prezzo del suo snobismo facendosi eliminare in Coppa Italia dal Bologna, e per quest’anno, secondo Inzaghi, dovrebbe bastare. Possiamo considerare la gita in carovana in Arabia Saudita propedeutica alla sfida con la Juventus del 4 febbraio. Dovendo l’Inter recuperare la partita con l’Atalanta c’è forte rischio che debba guardare la Juventus dal basso verso l’alto, sia pure solo virtualmente. Uno di quei casi in cui si innescano quelle inquietudini poi difficili da scacciare se non con ingestione di ansiolitici, ovviamente proibiti.
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  • Riad, Napoli in finale di Supercoppa. Il trionfo del calcio di plastica (ep.55, 18 genn. 2024)
    Jan 18 2024
    Il Napoli in carrozza alla finale della Supercoppa di plastica in corso in quel di Riad, lì dove il calcio è generato dai soldi (tanti) e dall’intelligenza artificiale degli organizzatori, che rubacchiano campioni in declino, partite e finanche tornei interi alla vecchia e incartapecorita Europa del football. Mentre i poveri pensionati italiani tentano la sorte andando a godersi una vita senza tasse al sole del Portogallo o della Tunisia, i pensionati del pallone si fanno un triennio in Arabia Saudita che basterebbe, da solo, ad azzerare le nostre manovre economiche lacrime e sangue. Beati loro. Per chi avesse avuto la pazienza di soffermarsi sulla spettacolare legnata che il Napoli di Mazzarri ha inflitto alla Fiorentina avrà notato che la partita si è giocata all’ Al Awwal Stadium di Riad, perfetto e stupefacente nella sua modernità. Ma anche colloso e gelido, nonostante si sia in Arabia Saudita, come uno spaghetto alla pummarola consumato in un improbabile italian restaurant in qualche remota parte del mondo. Si fanno cinque ore di volo per andare a giocare in uno stadio vuoto e silenzioso, sarà anche business ma insomma… Del pubblico in fin dei conti chissenefrega, si va a giocare in Arabia Saudita non per soldi ma per denaro. E dunque i gol del Cholito Simeone e addirittura la straordinaria e sorprendente doppietta di Alessio Zerbin vale tantissimo, finanche 7 milioni di euro se il Napoli riuscisse a vincere il trofeo conquistando dopo la semi anche la finale di lunedì contro la vincente di Inter-Lazio. Lo sceicco bianco Aurelio De Laurentiis, e che inizialmente a Riad nemmeno voleva mettere piede per principi etici, già si gode il flebile ritorno alla luce del suo Napoli, dopo questi mesi di tregenda e sangue amaro. A me resta l’idea che un torneo del genere, deportato a Riad, sia più che altro una clamorosa sottrazione ai tifosi italiani delle quattro squadre coinvolte. Posso immaginare che festa avrebbero fatto i napoletani in uno stadio italiano a loro accessibile. Chissà comunque che a Riad non sia almeno cominciato il risveglio di Mazzarri dal sonno dei giusti. In Italia forse non si sarebbe riusciti a generare lo stesso business di Riad, ma almeno avremmo riempito gli stadi di bandiere e di cuori. Ma vaglielo a spiegare, questi son ragionamenti che fanno le ragnatele, vaglielo a spiegare a questi qua. Salam!
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  • Inter e Juventus, chi è la guardia e chi è il ladro? (ep. 54, 17 genn 2024)
    Jan 17 2024
    Guardie e ladri”. Adesso mettetevi nei panni di Totò che scappa e Aldo Fabrizi che faticosamente insegue. E dunque l’Inter è Totò il ladro e la Juventus, Aldo Fabrizi la guardia. Figuriamoci cosa possa scatenare, un paragone cinematografico del genere, nell’eterno scontro tra Inter e Juve. Per alcuni la realtà è questa e per altri è il mondo sottosopra. Chi è la guardia e chi è il ladro? Massimiliano Allegri ha messo il sale sulla coda dell’ Inter, citando l’epopea del grande cinema italiano (il film è di Mario Monicelli e risale al 1951), rispondendo furbamente a Marotta che aveva parlato di “lepre e cacciatore”, un paragone più asettico, il livornese invece ci ha messo un surplus velenoso di suo, e soprattutto contando, Allegri, di arrivare al prossimo Inter-Juventus di domenica 4 febbraio (23a giornata) guardando i rivali dall’alto in basso, sia pure solo virtualmente, a causa del rinvio del prossimo turno dell’ Inter contro l’Atalanta e del suo impegno in Supercoppa. L’idea è quella di mandare l’Inter nel pallone, e spargere qualche seme di psicodramma in stile campionato di due anni fa. Insomma il gioco comincia a farsi duro e il duello dal campo si sta rovesciando, secondo copione, nell’arena mediatica. Allegri e Marotta, ex sodali bianconeri, i protagonisti del braccio di ferro verbale. La Juventus ha avuto il grande pregio di essere rimasta attaccata all’ Inter, gestendo in silenzio e con grande efficacia tutti i problemi di una squadra non sempre cresciuta in maniera armonica e ora rinforzata con un bell’innesto di giovani speranze. Agli improvvisi e ritrovati gol di Vlahovic, che evidentemente comincia a sentire i pungoli della panchina e dello scalpitare di Yildiz, adesso si sta unendo il necessario apparato di supporto. Quando il gioco si fa duro servono i gol, ma non solo. Anche le parole allora vanno affilate e allenate. Inter e Juventus è solo all’inizio, preparatevi al mega scontro dei rispettivi Minculpop. Chi è la guardia e chi è il ladro?
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  • Mourinho esonerato, Roma a De Rossi: storia di un'allucinazione di massa (ep. 53, 16 gen 2024)
    Jan 16 2024
    Ora che Josè Mourinho è stato brutalmente esonerato - e siamo al quarto consecutivo della sua straordinaria carriera di allenatore vincente, Chelsea (rescissione consensuale), Manchester Utd, Tottenham, Roma - presto qualcuno scriverà un saggio sull’allucinazione di massa di cui quello che si fa chiamare lo Special One è stato al centro. Intoccabile, indiscutibile, venerato come un dio pagano. Un po’ come Marte, dio della guerra, e un po’ come le apparizioni della Madonna, che si trasformano in mercato di piazza, lì dove la credenza popolare coagula il culto e il rito (vedi appunto la già citata Madonna di Trevignano). La fine era nota, se non completamente, quasi nella sua interezza. Quella di Mourinho era una storia finita ormai per consunzione e per eccesso di tutto, ma soprattutto per evidente fallimento delle promesse e delle aspettative. Mourinho pretendeva di vivere sull’eterno paradosso, se tu lo hai come allenatore, pensi che sia venuta l’ora di vincere degli scudetti e magari pure delle Champions League, e se anche così non fosse perché l'asticella è davvero troppo alta, dovresti almeno tener vive quelle promesse, coltivare quelle illusioni, farle sembrare possibili, se invece sei sempre a distanza siderale, se sei sempre troppo sotto la linea di galleggiamento, alla fine non c’è show mediatico che tenga. Mourinho pretendeva di essere riconosciuto come un grandissimo, ma di non essere nelle condizioni per dimostrare la sua grandezza. Insomma a quel punto, puoi dire, fare, urlare, ballare, scomplottare quel che ti pare, offrire corpi di arbitri in sacrificio al dio del football, ma alla fine vieni giù. L’ingaggio di Mourinho fu mossa cinematografica e populista da parte degli ineffabili Friedkin, a lora volta protagonisti di un loro singolarissimo film muto ormai fuori tempo, e la sua sostituzione con Daniele De Rossi, il dioscuro capitolino gemello di Totti, è altrettanto cinematografica e populista. Insomma dal culto usciamo e nel culto rischiamo di rientrare… Quello dei Friedkin, per adesso, resta solo il titolo di una fantastica comedy americana perfetta per gli studi di Cinecittà: “I Friedkin”. Quarta stagione, episodio 32… Non perdetevi le prossime puntate.
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