Episodios

  • Lorenzo Marcotullio - Penne in legno
    Aug 24 2023

    Le opere realizzate da Lorenzo Marcotullio sono penne in legno.

    Il corpo o fusto di ciascuna penna è in legno, modellato artigianalmente.

    La parte alta è ornata da simboli che richiamano arti e professioni.

    Tra i tanti spiccano il simbolo caduceo e quello con la chiave di violino.

    Il simbolo caduceo, in color oro vivo, è simboleggiato da due serpenti attorcigliati intorno ad un bastone alato che rappresentano uno la dose terapeutica e uno la dose tossica. Risalente all’antica Grecia rappresenta lo scettro del Dio Hermes che lo esibiva come simbolo di pace e di prosperità per allontanare le liti.

    La chiave di violino è un simbolo posto all’inizio del pentagramma con la funzione di fissare la posizione delle note. E’ simbolo del libertà, di scoperta, di conoscenza e di nuove possibilità.

    Il varcare la soglia del pentagramma per aprirsi a qualcosa di prezioso come una nuova armonia musicale.

    Le penne in legno decorate con tali preziosi simboli trasmettono messaggi di rivelazioni delle parti di noi più intime e raccolte.

    L’arte dello scrivere a mano è una propulsione, un impeto di istinto ma che porta con sé un atto di coraggio.

    Quando le parole sedimentano dentro il proprio vissuto, calamitando nei confini di una pagina tutto quanto assorbito e incluso nel proprio divenire allora la penna diventa metafora di vita e mezzo di espressione.

    La penna in legno fregiata di simboli sembra così respirare. Dentro il fusto in legno sembra così respirare il proprio albero di vita, le proprie foglie al vento, le proprie radici saldamente radicate alla terra.

    Allora la penna in legno realizzata dall’artista Lorenzo Marcotullio non è solo una penna, ma è una trasposizione del proprio albero che incide sulla carta il vissuto esperienziale della più intimo sentire.

    E’ lo strumento attraverso il quale si coagulano pensieri ed emozioni attraverso il materiale ligneo che vibra, vive e parla del proprio albero di vita.

    Sembra pulsare.

    Regalare così una penna in legno è atto di coraggio e di propulsione perché richiede slancio vitale verso la ricerca della propria essenza e del proprio io più autentico, quello legato alla terra, alle radici e alle chiome verdeggianti.

    Richiama il ciclo vitale dell’albero che vive le quattro stagioni, dalla morte autunnale alla rinascita primaverile passando per le verdeggianti e colorate primavere ed estati.

    Il pulsare di tale impeto conduce dunque alla ricerca di se stessi e delle proprie radici.

    Le radici di quell’albero che scorrono nella mano e si imprimono sulla carta.

    Grazie Lorenzo Marcotullio perché con le tue penne in legno ci riporti all’essenza della terra, del ciclo vitale linfatico che sgorga dalle radici, si erge attraverso il fusto e si espande nelle chiome verdeggianti del fluire delle parole impresse su carta.

    testo ©Liliana Rullo Ogni diritto riservato. Coperti dal diritto d'autore. 

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    #Metamorfosi è il podcast dedicato all'uomo, alla materia e alla sua trasformazione. METAMORFOSI è un format radiofonico ideato per l'Ente Mostra dell'Artigianato Artistico Abruzzese, prodotto e diretto da Jmotion Agenzia Pubblicitaria, in onda su #JLIVERADIO 

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    13 m
  • Mattia Aceto - Pietra della Majella
    Aug 24 2023

    Le opere dell’artista Mattia Aceto, realizzate con la pietra della Maiella, sono costituite da tre sculture raffiguranti il simbolo dell’infinito in versioni diverse.

    La prima in evidenza sembra raffigurare il simbolo dell’infinito.

    Le altre sembrano simboleggiare il simbolo dell’infinito spezzato.

    Il simbolo dell’infinito ha la forma di un otto di astrazione matematica, che indica una grandezza illimitata e che può crescere in modo smisurato.

    Raffigurante una linea senza fine che può illimitatamente crescere ed espandersi, il simbolo dell’infinito tende all’espansione appunto verso l’immenso e l’inesauribile.

    Da qui il contrasto con la materia scelta per la realizzazione dell’opera.

    La pietra della Maiella caratterizzata dall’essere calcarea e omogenea spicca per essere anche tenera e facilmente lavorabile, duttile e malleabile.

    E’ tuttavia pur sempre una pietra e come tale di indole fortemente gravitazionale.

    Statica. Fissa. Terrena. Saldamente ancorata alla terra. Pesante. 

    Tale dualismo che lega la forza di gravità della pietra della maiella con la leggiadria di infinito del simbolo rappresentato fa espandere all’occhio dell’osservatore tutta la maestria del pensiero e della manualità dell’artista Mattia Aceto. 

    Accanto alla perfezione del simbolo di una dimensione sconfinata, le altre due opere sembrano infiniti spezzati, quindi finiti.

    Il ciclo vitale che passa si spezza e fa riecheggiare tutta la caducità della vita umana.

    Fatta di finito e di arginato, oltre che di materico e terreno.

    La triade che appare sembra così dominata da un simbolo di infinito che si contrappone e governa i due simboli di finito.

    Tutto questo rappresenta una ciclicità fatta di tensione illimitata che si contrappone a forza circoscritta, definito e precisato.

    Fatto di Staticità e di illimitata dinamicità.

    Fatto di gravità e di espansione.

    Terra e Aria.

    Sembrano ergersi come slanci verso l’alto ma con uno sguardo sempre radicato al determinato.

    Infinito e finito governano dunque l’essenza intima dell’animo umano.

    La pietra della maiella, simbolo autentico della tenerezza e versatilità della materia terrena, è strumento vivo e dinamico nelle mani dell’artista che tende all’infinito, all’indeterminato e all’alea del non governabile, con uno sguardo sempre attento alla certezza del finito, del netto e dello stabilito.

    Grazie Mattia Aceto perché con le tue opere ci fai assaporare quello slancio creativo che parte dalla pietra della maiella ed approda ad un sentire illimitato e infinito verso la verdeggiante chioma dell’espandersi del proprio essere e del proprio sentire. 

    testo ©Liliana Rullo Ogni diritto riservato. Coperti dal diritto d'autore. 

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    14 m
  • La dote - installazione artistica ABAQ
    Aug 14 2023

    La Dote è un’installazione avente ad oggetto l’assemblaggio e i ricami a cura della cattedra di Costume per lo spettacolo dell’Accademia di belle arti di L’Aquila del Prof. Attilio Carota e della Prof.ssa Alessandra Carducci.

    Arrivano così agli occhi di un visitatore attento i colori e le forme di una intimità elegante e raffinata che racchiudeva i valori delle giovani spose e i sogni, attraverso ad esempio l’abito di primo letto o l’intimo.

    Attraverso la dote, che significa regalo o dono, si voleva rappresentare dalla famiglia della sposa allo sposo il conferimento di un insieme di beni. La tradizione, in molti paesi dell’Abruzzo, era quella di portare il corredo dentro un baule dalla casa della sposa a quella dello sposo attraversando le vie del paese.

    La dote, nata come liberalità anche se regolamentata, divenne nei secoli obbligatoria attraverso il codice giustinianeo. L’istituto è sopravvissuto fino al 1975 fino a quanto è stato inserito l’art. 166 bis nel codice civile ai sensi del quale “è nulla ogni convenzione che comunque tenda alla costituzione dei beni in dote”.

    Quest’installazione comunica il sentire dei tempi passati, durante i quali le donne dovevano dimostrare attraverso la dote l’apporto e il proprio contributo per parificarsi all’uomo.

    L’intimo sospeso trasmette la staticità del rapporto. 

    Emerge tutta la traslazione dell’immateriale sul materiale.

    L’aspetto materico dell’intimo sospeso, oggetto di uno scambio economico e patrimoniale, diventa simbolo e metafora di rapporti finalizzati alle cose terrene.

    Ma nell’installazione come nella vita questi oggetti restano sospesi. Immobili. Quasi a non accettare il divenire del rapporto matrimoniale che si fa amore e resta immateriale.

    La forma non diventa sostanza. Resta sospesa. In un rapporto intrappolato dentro se stesso che si misura con la patrimonialità quantitativa di beni materiali.

    Quest’opera resta solo in apparenza semplice e lineare.

    Un’attenta indagine ci fa catapultare in un tempo in cui la donna doveva dimostrare di valere con beni materiali e doveva farlo mostrandolo alla società di appartenenza trasportando per le vie del paese la sua dote.

    La riflessione che fa emergere è dunque la rilevanza del sentire sociale sul rapporto matrimoniale.

    L’essere per la società dal punto di vista patrimoniale diventa essenziale per l’essere nell’io individuale.

    Tale sillogismo ha portato a numerose storture dei rapporti falsati dall’apparenza dell’avere.

    Sentiamo ancora oggi quanto l’avere, patrimonialmente inteso, influisca sui rapporti di coppia e sui rapporti sociali in generale. Quest’opera arriva prorompente a farci riflettere proprio su questa traslazione che rimane però sospesa nell’aria, immobile e statica, e che non si è rivelata in grado di curare e sanare le ferite dei rapporti sociali fatti di energie immateriali, le sole in grado di curare e fortificare i rapporti.

    L’essere è ciò che emerge da quest’opera. L’avere resta sospeso. In un mondo che mal si adatta alle ferite del cuore e dei rapporti sociali.

    testo ©Liliana Rullo Ogni diritto riservato. Coperti dal diritto d'autore. 

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    5 m
  • La ragazza - installazione artistica ABAQ
    Aug 14 2023

    La Ragazza è un arazzo contemporaneo 170X100 realizzato dalla cattedra di Costume per lo spettacolo dell’Accademia di belle arti di L’Aquila a cura del Prof. Attilio Carota e della Prof.ssa Alessandra Carducci con assemblaggio di Caterina Di Mele.

    Quest’opera è un omaggio alla figura di Chiara Villani, maestra di cucito ed esperta di punto a croce.

    Chiara Villani, nata a fine ottocento e morta nel 1958, ha trascorso la sua vita a Cansano.

    Dall’originale e stravagante estro creativo Chiara Villani si fa trasportare dall’ago al pennello.

    Prima lavorava minuziosamente con filo e uncinetto dedicando la sua arte creativa al punto a croce e più in generale al cucito. 

    Poi approdava al pennello e all’arte della pittura trasformando e unendo l’arte del ricamo a quello della pittura. L’arte del filo a quello del pennello.

    Ha così creato sulla parete della sua camera da letto un affresco a punto a croce con pigmenti di origine naturale.

    Entrando nella stanza ci si sente così avvolgere da un lenzuolo che sembra fatto di filo intrecciato sapientemente. Ed è metamorfosi di colore.

    Il colore che si trasforma in punto a croce. 

    Niente allora è come sembra. Niente è mai come sembra.

    Avvicinandosi alla parete si comprende così che non è un ricamo e non è un filo di cotone intrecciato.

    E’ il filo del colore che racconta di una vita preziosa, quella di Chiara Villani, donna creativa con una forte identità territoriale.

    Quest’opera racconta di quelle pareti e della memoria della sua vita in modo contemporaneo.

    Dona allo spettatore spunti, pezzi di immagini, parti di corpi richiamando le pareti dipinte da Chiara Villani con equilibrio e simmetricità.

    L’arazzo racconta di profili di corpi umani simmetrici, quasi a voler ricordarci la duplice natura dell’animo umano.

    Quella duplicità che ha condotto la mano di Chiara dall’ago al pennello.

    E’ quel dualismo, parte di ogni uomo, che emerge con potenza e vigore.

    E’ quello stesso dualismo che contrappone e sugella l’estro creativo con la raffinata precisione del punto a croce.

    Entrambi legati da una infaticabile e instancabile pazienza.

    Il gioco asimmetrico dell’affresco conduce all’immagine più intima e profonda dell’animo umano, connubio fatto di energie opposte, di bianco e nero, di luce ed ombra.

    Tutto questo arriva dritto all’osservatore più attento che si sente avvolto, come nella stanza di Chiara Villani, da giochi simmetrici ed equilibrati, fatti di estro e pazienza, forza ed eleganza, istintività e lentezza.

    testo ©Liliana Rullo Ogni diritto riservato. Coperti dal diritto d'autore. 

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    4 m
  • Mater Donna - installazione artistica ABAQ
    Aug 14 2023

    MATERdonna è un’installazione avente ad oggetto la ricostruzione di Madonne vestite, a cura della cattedra di Costume per lo spettacolo dell’Accademia di belle arti di L’Aquila del Prof. Attilio Carota e della Prof.ssa Alessandra Carducci, con la realizzazione di Francesca Rinella e Yu Zen.

    La ricostruzione delle Madonne vestite è di impatto fortemente simbolico e metaforico.

    Le mani delle donne che si prendono cura di immagini di altre donne porta con sé un legame viscerale e materno con la parte più profonda e spirituale di noi.

    Le Madonne “vestite” sono le statue della Vergine Maria “non tradizionali” che indossano abiti e gioielli di arte sacra a seconda delle stagioni o con abiti particolari, di festa, per altre celebrazioni o per eventi importanti.

    Erano solo le donne ad occuparsene. Solo le donne.

    Il messaggio di quest’installazione è dirompente.

    Le donne che curano che donne. Si prendono cura con attenzione instaurando un contatto diretto.

    Come la donna che diventa madre. Madre di un figlio. Madre di un progetto. Madre di un amico. 

    Madre della propria Madre. Madre del proprio Padre. 

    Essere Madre ed essere Donna. Quest’installazione fa riecheggiare tra le pieghe dei vestiti e la cura dei dettagli un contatto diretto, intimo e vero con la propria essenza di Donna e di Madre.

    Le mamme, come i bottoni, tengono unite le cose. E sono proprio le donne che possono prendersi cura di altre donne. Sorelle di uno stesso legame. Unite dal profondo sentire femminile che tutto risolve e fortifica.

    Le donne sono la forza di loro stesse.

    Essere Madri significa essere portatrici di vita e di energia vitale in tutte le cose che accadono nella propria esistenza, nel proprio essere ed in quello della comunità.

    Allora ci si riconosce. Solo quando si riconosce nell’altra donna la propria essenza di Madre nel mondo allora tra di loro le donne diventano bottoni. Bottoni e fili. Mani che lavorano. Anime che si intrecciano. 

    E si prendono cura l’una dell’altra. Solo come una Madre può fare. La donna diventa Madre dell’Altra donna in uno scambio sinergico e osmotico continuo e vitale.

     Allora uno scoglio non può davvero arginare il mare.

    E quella forza motrice che tiene tutto insieme diventa marea. Un’alta marea.

    Questa è la forza della MATERdonna. Una forza motrice e vitale che fa riconoscere alla donna la forza dell’altra donna. 

    Come la Madre Terra che raccoglie, fa germogliare e fortifica i semi e fa nascere i frutti, così le donne che si sentono e che sono Madri seminano, curano, innaffiano, custodiscono e fanno germogliare le energie vitali nel mondo che le circonda.

    La ricostruzione delle Madonne vestite ridona quel lento e minuzioso prendersi cura delle donne da parte delle donne, con un legame diretto, spirituale ed intimo.

    testo ©Liliana Rullo Ogni diritto riservato. Coperti dal diritto d'autore. 

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    5 m
  • Stefania Belfiore - Colosseo
    Aug 12 2023

    Colosseo è un imponente cappello ispirato appunto al Colosseo.

    Stefania Belfiore ha ricevuto un importante premio sull’utilizzo innovativo del feltro.

    Interamente fatto a mano e modellato sulle forme di legno il cappello Colosseo è imponente e maestoso.

    E’, tuttavia, al contempo elegante e raffinato.

    Stefania Belfiore ha l’abilità sorprendente di unire eleganza e forte impatto visivo.

    Davanti alle sue opere si resta con il fiato sospeso, quasi a voler capire ed entrarci dentro, ancora prima di provare ad immaginare come indossare un suo cappello.

    I suoi cappelli hanno un carattere peculiare determinato da una grintosa femminilità.

    Una femminilità non scontata né banale.

    La donna che indossa un cappello della Belfiore spicca tra la folla ma con grazia, ricercatezza e raffinatezza.

    Dal cappello colosseo emergono preziosismi e ricercatezze che lo richiamano in forma stilizzata.

    Avvolge interamente il capo e si espande maestoso verso l’alto.

    Anche il colore lo richiama, un colore caldo e neutro.

    Il cappello Colosseo è versatile e può essere abbinato con eleganza anche con abbigliamento sportivo.

    L’immagine della donna che lo indossa è dolcemente austera, semplicemente raffinata.

    A forma ellittica questo estroso ed imponente cappello richiama le nostre radici diventando un simbolo autentico dell’essere italiani nel mondo.

    Simbolo di appartenenza, di radici e di rigenerazione il Colosseo indossato come cappello dona alla donna un fascino e maestoso. Richiama e custodisce arte e cultura rappresentando al mondo Roma e tutta la sua anima.

    Ne emerge così un cappello di forte rappresentanza non solo territoriale ma anche simbolica, culturale ed artistica che fa riemergere tutta la potenza della romanità.

    Esalta la potenza di quella donna che con fare sensuale e seducente emerge impetuosa tra la folla e se ne impossessa, oltrepassando le linee rette degli sguardi fascinosi che le cadono addosso.

    Il cappello appare dunque quell’elemento prezioso che dona carattere e forza ad un temperamento che forse ad un primo sguardo non appare poi così prezioso, maestoso e potente.

    E’ questo il messaggio comunicativo che rende il cappello Colosseo un autentico capolavoro.

    Sobrietà e regalità. Delicatezza e potenza.

    Dualismi che vengono comunicati attraverso la regolarità degli elementi preziosi che lo arricchiscono e la forma ellittica, dunque dinamica, flessibile e morbida.

    Grazie Stefania Belfiore perché attraverso il cappello Colosseo ci hai donato potenza ed eleganza per ogni occasione, con la consapevolezza che indossare una tua opera arricchisce la forma dell’anima e del corpo di un piglio quasi miracoloso, quello di far sentire ciascuna donna bella e sorprendentemente se stessa. 

    testo ©Liliana Rullo Ogni diritto riservato. Coperti dal diritto d'autore. 

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    17 m
  • Sara Antonini - Abruzzo forte e gentile
    Aug 12 2023

    Abruzzo forte e gentile è l’opera realizzata da Sara Antonini. E’ un ciondolo d’oro giallo. La forma del ciondolo è quella dell’Abruzzo. Al centro del ciondolo è incisa una presentosa con dieci punte. Al centro della presentosa un cuore rosso. E’ il cuore rosso della nostra terra, che pulsa ricordandoci le nostre radici. 

    Il cuore rosso è simbolo di passione, di forza e di appartenenza. Il battito costante che richiama la nostra più intima appartenenza è quello della forza e della gentilezza.

    Così quest’opera appare essa stessa forte e gentile, come la nostra terra. Come il nostro Abruzzo. Come il nostro comune essere.

    La forza dell’oro e la gentilezza del cuore.

    Appare concentrica: dall’Abruzzo verso il cuore passando per la presentosa a dieci punte.

    Si scontrano due forze motrici, dall’esterno verso l’interno e viceversa. A volerci ricordare la ciclicità della terra, e quindi della vita che passa. Quelli che appaiono confini sono già l’inizio di altro. I confini del cuore sono già presentosa. I confini della presentosa sono già Abruzzo. E così questi tre importanti e suggestivi elementi dialogano tra loro in un moto senza tempo né spazio.

    La forza e la gentilezza che sembrano in antitesi convivono e dialogano tra loro in una reciproca osmosi.

    E’ proprio da tale osmosi che nasce l’appartenenza abruzzese, simbolicamente rappresentata da quest’opera.

    Grazie Sara Antonini perché con la tua opera, Abruzzo forte e gentile, ci porti nel cuore delle nostre radici verso il battito costante e coraggioso che pulsa vivo dentro ognuno di noi, quello che ci rende portatori nel mondo di forza e di gentilezza.

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    13 m
  • L'Ardire - installazione artistica ABAQ
    Aug 11 2023

    L’Ardire è un’opera realizzata con filo di colore rosso su lino antico realizzata dalla cattedra di Costume per lo spettacolo dell’Accademia di belle arti di L’Aquila a cura del Prof. Attilio Carota e della Prof.ssa Alessandra Carducci. L’opera è un omaggio alla figura di Sabina Santilli, donna abruzzese e fondatrice della Lega del Filo D’Oro.

    E’ realizzata da tanti “NO”, in caratteri diversi. 

    Sono tutti i NO che Sabina subiva per la condizione di salute.

    Sabina Santilli, nata a San Benedetto dei Marsi nel 1917, a 7 anni perde l’udito e la vista per una meningite.

    Raccontava agli amici della Caritas di Avezzano nel 1982:

     «La sera del giovedì santo, dal letto di mia mamma, diedi un ultimo sguardo attorno. L'indomani mattina, venerdì santo, udii l’ultimo grido, seguito da una sbattuta di porta. Da allora niente più. Fu il buio pesto senza una voce»

    Nella sua giovane vita continuava a sentire tanti NO.

    Non poter sentire. Non poter vedere. Non poter parlare bene.

    Tutto questo l’aveva portata a sentirsi impotente, schiava e vittima dei tanti NO della vita.

    Il NO limitante. Il NO frutto di scelte altrui dettate da limiti sociali e da etichette fatte di nero e di bianco.

    Quest’opera comunica in modo dirompente con il filo rosso ricamato la solitudine e il buio che portano i NO della vita, siano essi imposti, scelti o ardentemente voluti. Sono tutti quei NO che limitano l’esplicazione del proprio essere e del proprio sentire. Superarli o cercare di superarli ci erge oltre il comune sentire.

    Dalle piccole alle grandi battaglie, il superamento di un NO imposto porta con sé una metamorfosi fatta di sfumature, gradazioni e variopinte diversità. Quest’opera ci fa così comprendere come siano proprio le nostre diversità e le nostre battaglie di vita quotidiana a costruire il nostro unico percorso che ci porta alla conoscenza del proprio io e del mondo.

    Sabina Santilli riuscì così a condurre una vita come se mai quella malattia fosse accaduta.

    Imparando il Braille cucinava, lavava, stirava e manteneva una viva corrispondenza con altre persone sordocieche in tutta Italia. Uscita dal buio aiutava tante altre persone a ritrovare la luce.

    Mentre alla radio, il 2 giugno 1968, viene annunciata la morte di Helen Keller (la prima sordocieca che, grazie all'istruzione e all'aiuto della sua insegnante Anne Sullivan riuscì a condurre una vita indipendente, storia alla base del film Anna dei miracoli) Sabina affermò:

    «Mentre il mondo parla di “miracoli” nei suoi riguardi, noi abbiamo ragione di dire (non senza un risolino sotto i baffi) che è stata invece solo il primo esempio.” 

    Grazie a Sabina Santilli la Lega del Filo d’Oro ha portato le persone sordocieche a fare rete per essere aiutato in tempo per condurre una vita indipendente e in autonomia.

    testo ©Liliana Rullo Ogni diritto riservato. Coperti dal diritto d'autore. 

    Voce di Lidia Di Blasio

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    5 m