Episodios

  • Episodio 1 - OLIMPIA RACCONTA - IL RISPETTO.
    Jul 25 2024
    Lo sapevi che i cinque cerchi olimpici rappresentano non solo i cinque continenti, ma anche cinque valori fondamentali? In questo podcast, insieme a Fabrizio Silvestri esploreremo questi valori attraverso storie emozionanti di atleti , momenti memorabili e sfide appassionanti. Preparati ad un viaggio nel cuore delle Olimpiadi, dove sport e valori si incontrano! Primo episodio Il nobile gesto di Lawrence Liemeux Il Rispetto. "Ciao e ben trovato… Puntuali con le Olimpiadi torniamo anche noi con una nuova serie di Olimpia Racconta. Ebbene sì, per il terzo anno consecutivo sono qui con te per un'altra emozionante edizione. Dopo Rio 2016 e Tokyo 2021, pensavo di aver finito con questa avventura, ma eccomi di nuovo pronto a riportarti indietro nel tempo, per farti rivivere la magia dei cinque cerchi. E credimi, quest'anno l'atmosfera è ancora più speciale, perché le Olimpiadi estive 2024 si svolgono nella romantica Parigi! Pensa che la capitale francese non ospita i Giochi dal 1924, un secolo fa, non tanto per dire… È proprio passato un secolo! Un motivo in più per essere qui con te, per onorare anche il "padre" dei Giochi moderni: il francese Pierre de Coubertin. Grazie a lui, dopo 1500 anni, il fuoco di Olimpia è tornato a splendere, regalandoci emozioni uniche. Per questa edizione di "Olimpia Racconta", io e Giovanni Fenu abbiamo deciso di raccontarti 5 storie incredibili, una per ogni cerchio olimpico. Storie che incarnano alla perfezione 5 valori fondamentali dello sport e della vita…: il rispetto, l'eccellenza, l'amicizia, la lealtà e lo spirito olimpico. Perché le Olimpiadi sono molto di più di una competizione: sono un esempio di valori universali che dovremmo applicare sempre tutti i giorni e non solo durante i Giochi. Iniziamo allora il nostro viaggio con il tema del rispetto. Pensiamoci: i Giochi moderni, seguendo l'idea di de Coubertin, promuovono il rispetto tra tutti, senza distinzioni di nazionalità, cultura, razza o religione. Atlete e atleti, tutti sullo stesso piano, sorelle e fratelli uniti dalla dignità di esseri umani. E oggi, ti raccontarto una storia che è la massima espressione di questo rispetto, una storia che va oltre la competizione, oltre la vittoria. Una storia che sono sicuro ti emozionerà…" "Immagina di essere nel porto di Pusan , in Corea del Sud, ed è il 1988. Il sole splende, il vento è perfetto e le gare di vela per la XXIV Olimpiade di Seoul stanno per iniziare. In questa bellissima giornata, il canadese Lawrence Lemieux, 33 anni, si prepara per la quinta regata della categoria Finn, un' imbarcazione piccola e agile con un solo uomo a bordo. Lemieux ha già partecipato alle Olimpiadi di Los Angeles del 1984, e questa volta è determinato a conquistare l'oro. Ma il destino , come vedremo, ha in serbo per lui un'altra sfida, una sfida che lo porterà a vincere una medaglia molto più preziosa: QUELLA del rispetto. Mentre la regata è in corso, il vento inizia a farsi sentire. Le onde si ingrossano e la situazione diventa pericolosa. All'improvviso, Lemieux vede due figure in acqua, in balia delle onde furiose. Si tratta di Siw Scio Her (Siew Shaw Her) e Joseph Chan, i velisti della nazionale di Singapore, la cui barca si è rovesciata. Senza pensarci due volte, Lemieux si dirige verso di loro. Ricordando la prima legge della vela, "se vedi qualcuno in difficoltà devi aiutarlo", e non ci impiega tanto a tuffarsi tra le onde per salvare i suoi colleghi. Riesce a recuperare Chan, ferito e sballottato dalla corrente, e poi si dirige verso Her, che è aggrappato disperatamente ai resti della sua barca. Poco dopo, una nave coreana arriva in soccorso e recupera i due naufraghi. Lemieux, invece, torna in gara per rispetto della competizione, anche se ormai le sue speranze di medaglia sono svanite. Termina la regata in ventunesima posizione, ma il suo cuore è sereno. Sa che ha fatto la scelta giusta, che ha salvato due vite umane. Il giorno della premiazione, Lemieux riceve un'ovazione dal pubblico e dagli altri atleti . Ha perso la gara, ma ha vinto la medaglia più importante: la medaglia del rispetto. Ha dimostrato che a volte, per vincere davvero, bisogna saper perdere, bisogna saper mettere da parte i propri obiettivi per aiutare chi è in difficoltà. Lemieux, con il suo gesto di coraggio e altruismo, ha incarnato lo spirito olimpico nella sua forma più pura. Ha dimostrato che lo sport è molto di più di una competizione: è un'occasione per unirsi, per aiutarsi, per dimostrare che siamo tutti parte di una grande famiglia umana." " Questo nostro primo viaggio nel mondo delle olimpiadi contrassegnato dal valore del rispetto si conclude con la storia di Lawrence Lemieux, un uomo che ha dimostrato che l'oro più prezioso non è quello che si può appendere al collo, ma quello che si porta nel cuore. Il suo gesto di coraggio e altruismo gli ha valso non solo l'encomio del presidente del CIO, Juan Antonio Samaranch, ma ...
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  • Episodio 2 - OLIMPIA RACCONTA - LA PERFEZIONE FATTA PERSONA
    Jul 25 2024
    Sapevi che i cinque cerchi olimpici rappresentano non solo i cinque continenti, ma anche cinque valori fondamentali? In questo podcast, esploreremo questi valori attraverso storie emozionanti di atleti , momenti memorabili e sfide appassionanti. Preparati ad un viaggio nel cuore delle Olimpiadi, dove sport e valori si incontrano! Secondo EpisodioNadia Comăneci: l’eccellenza fatta persona " Ebbene… eccoci di nuovo insieme per un'altra emozionante avventura olimpica. Oggi parliamo di eccellenza, quel valore fondamentale che spinge ogni atleta a dare il massimo di sé, a superare i propri limiti, a "gettare l'anima oltre l'ostacolo". La storia che sto per raccontarti è la dimostrazione di come l'eccellenza possa spingere gli atleti a dare persino il 10 1%. La protagonista di questo episodio è Nadia Elena Comăneci, una ginnasta rumena che a soli 14 anni ha scritto una pagina memorabile nella storia delle Olimpiadi. Ma andiamo con ordine ..." Nadia nasce il 12 novembre 1961 ad Onesti, un paesino della parte orientale della Romania; a 3 anni comincia a fare ginnastica, mentre a 6 viene notata da Béla Károlyi che la convince ad entrare a far parte della società sportiva che guida insieme alla moglie Marta... Per la giovanissima Comăneci sono anni di durissimi allenamenti: ore e ore sotto il rigido sguardo degli allenatori e una dieta ferrea (si dice che Károlyi imponesse loro una dieta di circa 900 calorie al giorno, nda), Gli allenamenti erano formati da una serie di movimenti da riprovare meticolosamente, da imprimere nella memoria per non lasciare nulla al caso... La stanchezza è tanta, le pressioni di un regime comunista intenzionato a fare delle loro atlete uno “strumento” di propaganda circa la superiorità, anche sportiva, del blocco socialista... ma la passione di Nadia supera ogni ostacolo e imperterrita prosegue negli allenamenti... giorno dopo giorno. I duri allenamenti la conducono a coronare il sogno di qualsiasi atleta, partecipare alle Olimpiadi. Il sogno delle Olimpiadi per Nadia Elena Comaneci si realizza in occasione della XXI edizione dei Giochi, quella del 1976 in programma a Montreal, in Canada. E in terra canadese la ginnasta rumena stupirà il mondo e forse anche sé stessa, rasentando, anzi superando la perfezione... È il 18 luglio 1976 in calendario olimpico c’è in programma la finale delle parallele asimmetriche... L’esecuzione della Comăneci è perfetta: unico “neo”, se proprio lo si vuole trovare, è in quel saltello fatto una volta aver toccato terra al termine dell’esercizio... Ma i giudici non hanno dubbi: quell’esecuzione è l’emblema dell’eccellenza: è 10 anche se i computer, programmati per registrare votazioni fino al 9.99, segnano soltanto un bugiardo 1.0... un modo per far capire al pubblico e a chi segue da casa che in realtà è un vero 10... L’esecuzione di Nadia è l’emblema della perfezione dell’eccellenza... una perfezione che in quei Giochi Nadia Comaneci raggiunge per altre cinque volte, conquistando, oltre all’oro delle parallele asimmetriche anche quello nel concorso generale individuale e nella trave... ai quali si aggiunge l’argento nel concorso a squadre... Ma cosa prova, Nadia, prima di raggiungere l’eccellenza? «Le parallele sono lì, davanti ai miei occhi... sono concentrata, pronta a dare il massimo per il mio paese, i miei allenatori, i miei genitori e per me stessa... pronta a dare un senso a quei giorni di duri allenamenti, di fatica e di lacrime... il mio allenatore mi solleva, afferro con sicurezza la parallela... incomincio a ruotare... una... due... tre volte... salto sull’altra parallela... una verticale... tengo la posizione attenta a non vacillare... tutto ruota intorno a me... come in un’ectasy il mio corpo volteggia con leggiadria da una sbarra all’altra... su... in posizione... ancora una rotazione e poi il salto... l’uscita è perfetta... il boato del pubblico immenso e stordente...». Quattro anni dopo Montreal, alle Olimpiadi di Mosca del 1980, la Comănaci conquista l’oro nel corpo libero e nella trave, e l’argento nel concorso a squadre e in quello individuale... La carriera della giovane Nadia subisce una svolta: nel 1981, infatti, la federazione di ginnastica rumena organizza un tour ufficiale negli Stati Uniti chiamato “Nadia ‘81” sotto la guida dei suoi due allenatori, Béla e Márta Károlyi che decidono di rimanere negli Usa... Nadia, dal canto suo, decide di tornare in patria: da quel momento è guardata con sospetto dal regime, le vengono vietati i viaggi all’estero, temendo che voglia fuggire come i suoi due allenatori... Passeranno altri 8 anni prima che Nadia fugga dalla sua Romania per essere una donna libera. Infatti, Il 27 novembre del 1989, a carriera ormai conclusa, la Comăneci, dopo una camminata di 6 ore, giunge in Ungheria, da qui in Austria poi in Canada e infine negli Stati Uniti dove viene accolta come ...
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  • Episodio 3 - OLIMPIA RACCONTA - L'AMICIZIA
    Jul 25 2024
    Sapevi che i cinque cerchi olimpici rappresentano non solo i cinque continenti, ma anche cinque valori fondamentali? In questo podcast, esploreremo questi valori attraverso storie emozionanti di atleti , momenti memorabili e sfide appassionanti. Preparati ad un viaggio nel cuore delle Olimpiadi, dove sport e valori si incontrano! Terzo Episodio Il gran gesto di Nikki Hamblin: L’Amicizia Ben tornato ad Olimpia Racconta! Sono felice che tu abbia scelto di continuare questo viaggio nella storia dei valori insieme a noi. Le storie di sport e di vita emozionano sempre, ci ispirano e ci ricordano che l'essenza della vita va ben oltre lo sport, i successi e le medaglie. Oggi, in questo terzo episodio, voglio parlarti di un valore sacro, un dono prezioso, un legame che ci sostiene e ci rende più forti: l'amicizia. L'amicizia è quel filo invisibile che ci unisce a persone che, pur diverse da noi, condividono i nostri valori, i nostri sogni, le nostre cadute e le nostre vittorie. E' un porto sicuro dove approdare nei momenti di tempesta, una spalla su cui piangere, una mano che ci tira su quando cadiamo. E' un raggio di sole che illumina la nostra vita e la rende più splendente. E come l'amicizia è fondamentale nella vita di ogni persona, lo è anche nello sport, dove la competizione e la sfida spesso oscurano l'aspetto umano e solidale. Ma ci sono storie, come quella che ti racconterò oggi, che ci ricordano che l'amicizia può essere più veloce dell'oro, più potente della vittoria, più memorabile del record. Ti voglio parlare di Nikki Hamblin e Abbey D'Agostino due mezzofondiste una neozelandese e l’altra americana. Entrambe entrare nella storia delle olimpiadi per un gesto di profondo altruismo e amicizia che ha commosso il mondo durante le Olimpiadi di Rio 2016. Un gesto che ha dimostrato come a volte la sconfitta, se condivisa, possa essere più preziosa di una medaglia. Preparati dunque ad emozionarti perché la storia di Nikki e Abbey rappresenta una storia di coraggio, solidarietà, di valori autentici. Questa è una storia di vera d’amicizia nata su un campo di gara… La gara dei 5 mila metri si è da poco conclusa e sul traguardo con un netto ritardo arrivano due atlete: Nikki Hamblin neozelandese e Abbey D’agostino americana. Quello che cattura l’attenzione non è tanto l’arrivo al traguardo con un netto ritardo rispetto alle altre atlete, quanto il gesto che le due atlete compiono… Si abbracciano e sorridono… sono felici di aver trovato un amicizia pura e inconsapevolmente di aver scritto un pagina di fair play nel grande libro della storia a cinque cerchi... Ma cosa è successo? Sei curioso anche tu di saperlo, vero? Allora riavvolgiamo il nastro della memoria e partiamo dall'inizio… Da una mattinata sonnacchiosa dove allo stadio Engenhao, quello dell'atletica, sono pronte le mezzefondiste, suddivise in battera, per la gara dei 5000 metri. Queste sono gare strane, fatte di improvvise accelerazioni e di frenate impreviste. C'è il rischio di sbandare e qualche volta anche cadere. Come succede a Nikki e Abbey… ma andiamo per ordine… La gara dei 5 mila metri è quasi al termine quando il gruppo frena bruscamente e la neozelandese Nikki Hamblin cade. L'americana Abbey D’Agostino nello stesso momento mette in fallo il piede e accusa una brutta torsione al ginocchio destro, ma, incurante del dolore, si volta e aiuta a rialzarsi la Hamblin, rimasta a terra. Entrambe, zoppicando, ricominciano a correre, l’una accanto all’altra per sostenersi almeno psicologicamente, perché una delle regole delle olimpiadi che devi farcela da sola, con le tue forze… Pochi passi e Abbey l'atleta americana cade per ben due volte a terra: la distorsione al ginocchio è grave. Questa volta è la neozelandese a sorreggerla. Abbey e Nikki tagliano il traguardo per ultime e sono felici, doloranti si abbracciano, e quell’abbraccio sarà l’emblema di Rio2016, un abbraccio che marca lo sport non solo come competizione, ma anche come solidarietà, complicità e amicizia. Per il fair-play dimostrato da Nikki e Abbey, il CIO decide di 'allargare' il numero di partecipanti alla finale, inserendo nella start list anche i nomi delle due runner per il comportamento tenuto durante le batterie… Purtroppo a partecipare a quella finale ci sarà solo Kikki Hamblin, Abbey D'Agostino deve dare per forza forfait: gli esami confermano la rottura del legamento lacerato crociato anteriore del menisco e l'elongazione del legamento collaterale mediale. In altre parole non potrà più continuare le Olimpiadi di Rio 2016. In Brasile Nikki e Abbey hanno dimostrato al mondo intero che l'amicizia può davvero essere più veloce dell'oro, più potente della vittoria, più memorabile del record. Loro due hanno scritto una pagina indelebile nella storia dello sport, una pagina che ci ricorda che il valore di un gesto solidale vale più di qualsiasi premio… Grazie a...
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  • Episodio 4 - OLIMPIA RACCONTA - LA LEALTA'
    Jul 25 2024
    Sapevi che i cinque cerchi olimpici rappresentano non solo i cinque continenti, ma anche cinque valori fondamentali? In questo podcast, esploreremo questi valori attraverso storie emozionanti di atleti , momenti memorabili e sfide appassionanti. Preparati ad un viaggio nel cuore delle Olimpiadi, dove sport e valori si incontrano! Quarto Episodio Abebe Bikila, Momo Wolde, John Stephen Akhwary: Lealtà verso sé stessi e verso il proprio paese… Io sono Fabrizio Silvestri e ti ringrazio di aver scelto questo quarto episodio di Olimpia Racconta! Oggi ti farò rivivere l'incredibile storia di tre eroi dello sport, simboli di lealtà verso sé stessi, verso gli altri e verso la propria nazione. Per raccontarti queste storie dobbiamo sfogliare il calendario delle olimpiadi all’indietro fino agli anni Sessanta, quando tre atleti africani emozionano il mondo intero dimostrando come lo sport possa essere un potente strumento di integrazione, solidarietà e patriottismo. 1968, un anno denso di avvenimenti che hanno segnato la storia: la Primavera di Praga, il massacro di My Lay, gli assassini di Martin Luther King e Robert Kennedy. In questo clima di forti tensioni internazionali, in ottobre a Città del Messico si svolgono i Giochi della XIX Olimpiade. Un'edizione rimasta famosa per i pugni chiusi avvolti in un guanto nero e rivolti al cielo dagli statunitensi Tommie Smith e John Carlos in segno di protesta contro il razzismo. E oggi, in questo quarto episodio di Olimpia Racconta, vogliamo mettere in luce un altro aspetto importantissimo dello sport: la lealtà. Quella lealtà che è il fondamento imprescindibile dei Giochi, non solo nei confronti degli altri atleti, ma anche, come vedremo, nei confronti di se stessi, del proprio Paese e di chi crede in te. Per questo oggi ti parlerò dell'incredibile maratona dELL’Olimpiade DEL 1968 in terra messicana e dell'enorme lealtà, in primis verso sé stesso, mostrata da un atleta che ha scritto il suo nome nella leggenda dello sport: Abebe Bikila. La storia di Abebe Bikila è una storia di coraggio, di sacrificio e di immensa lealtà. È la storia di un uomo che ha saputo affrontare le sfide più difficili con tenacia e determinazione, dimostrando al mondo cosa significa essere un vero campione. 20 ottobre 1968, l'aria si fa elettrica per la maratona più attesa dei Giochi olimpici a città del Messico. Tutti gli occhi sono puntati su Abebe Bikila, il leggendario atleta etiope che ha già conquistato due ori olimpici correndo a piedi nudi a Roma nelle Olimpiadi del 1960 e quattro anni dopo con le scarpe a Tokyo. A 36 anni, Abebe insegue uno storico tris che lo proietterebbe nell'Olimpo degli immortali. Ma il destino per lui ha altri piani. Un dolore lancinante al ginocchio lo costringe al ritiro dopo 17 km di gara. Un colpo durissimo per Abebe, ma anche per l'Etiopia che vede sfumare il sogno di un nuovo trionfo. Tuttavia, un altro eroe si prepara a prendersi la scena: Degaga Wolde per tutti Momo, amico e compagno di squadra di Abebe. Anche lui è un veterano, ha già 36 anni e una carriera militare alle spalle. Ma Momo è un guerriero, un combattente che non si arrende mai. Dopo aver conquistato l'argento nei 10.000metri, Momo si lancia nella maratona con determinazione e coraggio. Al 25° km, il keniota Temu, fino a quel momento in testa, cede. Momo approfitta, prende il comando della corsa e non lo molla più. Taglia il traguardo in solitaria, con oltre 3 minuti di vantaggio sul secondo. L'Etiopia è salva, l'oro olimpico torna a brillare sul petto di un suo figlio. Ma la vera sorpresa arriva poco dopo. Quando su Città del Messico inizia a calare la sera, un altro atleta compare all'orizzonte. È John Stephen Akhwary, il maratoneta della Tanzania. Ha il corpo provato dalla fatica, il volto insanguinato, la spalla dolorante. Ma non si arrende. Continua a correre, passo dopo passo, spinto dalla forza di volontà e dal desiderio di onorare la sua nazione. [Musica di sottofondo si fa più intensa e carica di pathos] Dopo 65 minuti dall'arrivo di Momo Wolde, John Stephen Akhwary taglia il traguardo tra gli applausi del pubblico. Non ha vinto una medaglia, ma ha conquistato il cuore di tutti. Ha dimostrato che l' importante non è solo vincere, ma partecipare con coraggio, lealtà e determinazione. Akhwary, fu considerato un novello Pietri… ti ricordi chi era Dorando Pietri? Abbiamo raccontato la sua impresa olimpica nella prima edizione di Olimpia Racconta. Dorando Pietri è passato alla storia delle Olimpiadi per il drammatico epilogo della maratona dei Giochi olimpici di Londra 1908: Pietri tagliò per primo il traguardo, in 2 ore e quaranta minuti sorretto dai giudici di gara che l'avevano soccorso dopo averlo visto barcollare più volte stremato dalla fatica. A causa di quell'aiuto fu squalificato e perse la medaglia d'oro… La stessa fatica, la stessa difficoltà di Pietri rivivono 60 anni dopo ...
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  • Episodio 5 - OLIMPIA RACCONTA - LO SPIRITO OLIMPICO
    Jul 25 2024
    Ciao e grazie per aver scelto l'ultimo episodio della terza edizione di Olimpia Racconta! Oggi parliamo di un valore che sta alla base dei Giochi: lo spirito olimpico. Un valore che trascende i confini, unisce i popoli e celebra l'umanità. Il calendario di Olimpia Racconta torna indietroal 1936, in un mondo sull'orlo del baratro. È l'epoca della Germania nazista, del fascismo italiano e della guerra civile in Spagna. Un clima tutt'altro che idilliaco, e proprio in questo contesto si svolgono a Berlino i Giochi della XI Olimpiade. Un'edizione controversa, segnata dalla propaganda nazista e dall'ombra del razzismo. Ma in mezzo a tanto buio, una luce di speranza si accende: l'amicizia tra Jesse Owens, un giovane atleta afroamericano che gareggia per gli Stati Uniti, e Carl Ludwig "Luz" Long, un saltatore in lungo tedesco. Jesse Owens è destinato a entrare nella storia per le sue incredibili prestazioni: 4 medaglie d'oro che infrangono i sogni di superiorità razziale di Hitler. Luz Long è un atleta talentuoso, ma soprattutto un uomo leale e generoso. Durante la gara di salto in lungo, Owens si trova in difficoltà. Ha già commesso due falli e rischia l'eliminazione. Quel momento di sconforto viene notato dall’atleta tedesco Long che decide di avvicinarsi ad Owens per offrirgli un consiglio prezioso, un'indicazione sulla tecnica che permette all’alteta afroamericano di qualificarsi al turno successivo. Owens non solo si qualifica ma vince anche la medaglia d'oro, battendo proprio Long che si aggiudica l'argento. Ma il vero trionfo è l'amicizia che nasce tra i due atleti, un legame che va oltre le competizioni, oltre le barriere razziali e politiche. Il gesto di Luz Long all’Olimpiadi del 1936 incarna alla perfezione lo spirito olimpico… sopratuttutto se inquadrato in quell’anno, 1936, un anno che vede iniziare il lento deterioramento delle relazioni internazionali sul palcoscenico europeo, con avvenimenti che di lì a pochi anni avrebbero condotto al secondo conflitto mondiale. In questo clima tutt’altro che idilliaco, Berlino si appresta a vivere i Giochi olimpici. Si, proprio quella Germania nazista e razzista avrà il paradossale compito di incarnare, almeno per alcuni giorni, gli ideali di fratellanza universale propri dello spirito di Olimpia. Una scelta “figlia” della Repubblica di Weimar, a nulla valgono le proteste del presidente americano Franklin Delano Roosevelt che vorrebbe un cambio di sede. Ma nulla di fatto, si va a Berlino. Il 1 agosto del 1936 hanno così inizio le Olimpiadi soprannominate “naziste”; Giochi che inizialmente lo stesso Hitler avrebbe fatto volentieri a meno di organizzare, salvo poi tornare sui propri passi dopo aver sentito il parere del proprio Ministro per la Propaganda, Joseph Goebbels, il quale riesce a far comprendere al führer i vantaggi, in termini di propaganda e prestigio, che l’occasione olimpica porta con se. Ed è così che l'organizzazione dei Giochi Olimpici del 1936 viene curata nei minimi dettagli dal regime nazista. Come ogni altro totalitarismo, Hitler vuole usare lo sport come un potente strumento di propaganda per "mostrare" al mondo la superiorità dell' "uomo nuovo" forgiato dal regime. Anche il documentario "Olympia" della "regista del regime" Leni Riefenstahl è pensato per celebrare la magnificenza nazionalsocialista e del popolo tedesco in una sinfonia di forme e fisici perfetti. Durante i giorni della kermesse olimpica (dal 1° agosto al 16 agosto del 1936), persino l'antisemitismo viene "silenziato ", con scritte razziste cancellate dai muri tedeschi. Ma tutto questo non basta a fermare la storia. Nel 1936, a "guastare" i sogni di grandezza di Hitler, arrivano le vittorie di un giovane atleta afroamericano che gareggia per gli Stati Uniti: Jesse Owens. James Cleveland Owens, nato nel 1913 in Alabama, è un ragazzo che ha conosciuto la povertà e la discriminazione. Ma è anche un atleta di talento straordinario, capace di correre più veloce del vento e di saltare più in alto di chiunque altro. A Berlino, Owens stupisce tutti vincendo ben 4 medaglie d 'oro: nei 100 metri, nel salto in lungo, nei 200 metri e nella staffetta 4x100. Un record incredibile che dimostra al mondo la falsità delle teorie razziali di Hitler. Ma la vera vittoria di Owens è l'amicizia che nasce con Carl Ludwig Long, un saltatore in lungo tedesco. Long è l'incarnazione del perfetto "uomo ariano" secondo il regime nazista: alto, biondo, occhi azzurri. Ma è anche un uomo di grande sensibilità e lealtà. Durante la gara di salto in lungo, Owens rischia l'eliminazione dopo due salti nulli. È in quel momento che Long gli si avvicina e gli offre un prezioso consiglio tecnico, permettendogli di qualificarsi per il turno successivo. Owens vince la medaglia d'oro, battendo proprio Long che si aggiudica l'argento. Ma il vero trionfo è l'abbraccio tra i due atleti, un gesto che sfida il razzismo e ...
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