Episodios

  • 07/07/2022 | Sostenibilità
    Jul 7 2022
    Ascolta "Sostenibilità" - L’appuntamento dedicato al global warming e alle nuove sfide green di imprese, istituzioni e cittadini. “Sostenibilità” è l’approfondimento di Giornale Radio sulle notizie relative ai cambiamenti climatici, con aggiornamenti sugli effetti del riscaldamento globale, sui piani d’azione definiti dai principali governi mondiali e sulle iniziative di compagnie e società. A cura di Roberto Frangipane e Ferruccio Bovio Per i notiziari sempre aggiornati ascoltaci sul sito: https://www.giornaleradio.fm oppure scarica la nostra App gratuita: iOS - App Store - https://apple.co/2uW01yA Android - Google Play - http://bit.ly/2vCjiW3 Resta connesso e segui i canali social di Giornale Radio: Facebook: https://www.facebook.com/giornaleradio.fm/ Instagram: https://www.instagram.com/giornale_radio_fm/?hl=it Twitter: https://twitter.com/giornaleradiofm
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  • L'aumento delle temperature degli ultimi anni | 06/07/2022 | Sostenibilità
    Jul 6 2022
    “Con la media delle temperature degli ultimi anni, i ghiacciai sotto i 3.500 metri sono destinati a sparire nel giro di 20-30 anni. Se le temperature continueranno ad aumentare, nel giro di pochi decenni i ghiacci eterni dalle Alpi Orientali e Centrali potrebbero ridursi drasticamente o scomparire. Rimarrebbero solo sulle Alpi Occidentali, quelle più alte. Inoltre, i ghiacciai sono sempre più scuri, e quindi più vulnerabili alle radiazioni solari”. E' questo lo scenario delineato dal WWF il giorno dopo la tragedia verificatasi sulla Marmolada, dove il crollo di un seracco ha provocato diverse vittime. Naturalmente, nessuno poteva conoscere il tempo ed il punto esatto in cui il disastro sarebbe avvenuto, ma ciò nonostante, si può egualmente dire che si è trattato di una sciagura ampiamente annunciata. Quanto accaduto corrisponde, infatti, alle proiezioni ed agli avvertimenti che climatologi e glaciologi diffondono da parecchi anni, in particolare attraverso i rapporti dell’IPCC, il Gruppo intergovernativo dell’ONU sul cambiamento climatico, che ha pubblicato, tra l’altro, anche un rapporto specifico intitolato ”Mari e criosfera in un clima che cambia” nel 2019. Del resto – spiega sempre il WWF - di tragedie per i cosiddetti “pericoli dei ghiacciai” se ne sono verificate diverse altre sulle Alpi europee negli ultimi anni, ma tutte presto dimenticate”. L’ultimo Catasto dei ghiacciai italiani dimostra che, negli ultimi decenni, i nostri ghiacciai alpini sono in forte ritiro: tanto è vero che la loro superficie è passata dai 519 km quadrati del 1962 ai 609 km del 1989, per poi scendere in picchiata agli attuali 368 km quadrati: e vale a dire al 40% in meno rispetto al 1989. Al tempo stesso, il numero dei ghiacciai è, invece, cresciuto: sono, infatti, oggi 903, contro gli 824 nel 1962 ed i 1,381 nel 1989, ma l’aumento rispetto al 1962 è un altro segnale di pericolo, perché è dovuto all’intensa frammentazione che ha ridotto sistemi glaciali complessi a singoli ghiacciai più piccoli. Inoltre, negli ultimi 150 anni alcuni ghiacciai hanno perso più di due chilometri di lunghezza, ma a ridursi è stato anche il loro spessore che in una sola estate può assottigliarsi persino di 6 metri. Come il WWF denuncia da anni, “le conseguenze sono devastanti, non solo per l’ambiente e il paesaggio montano, ma anche per le comunità e le attività economiche, dal turismo all’energia”. L’organizzazione ambientalista da molto tempo segnala che “i deflussi estivi dei fiumi derivano per la maggior parte dalla fusione glaciale. Venendo meno i ghiacciai, svanisce, quindi, anche il loro contributo ai torrenti alpini ed ai fiumi della Pianura Padana, con significative conseguenze sull’approvvigionamento idrico per la popolazione e per le attività economiche: a cominciare dall’agricoltura e dalla produzione idroelettrica e termoelettrica”. I dati e le analisi sono disponibili da tempo, ma è stata è l’azione a mancare. Il WWF chiede, pertanto, al Governo di agire subito sia per la mitigazione ( e cioè per l’abbattimento delle emissioni di gas climalteranti), che per l’adattamento ( e cioè per le misure atte a far fronte al danno e agli impatti già in atto).
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  • Analisi delle acque del lago di Garda | 05/07/2022 | Sostenibilità
    Jul 5 2022
    Anche quest’anno la Goletta dei Laghi di Legambiente, composta da un team di tecnici e volontari, ha analizzato le acque del lago di Garda, raccogliendone 13 campioni: e più precisamente, 7 sulla sponda lombarda e 6 su quella veneta. In Lombardia, dalle analisi microbiologiche, sono risultati “fortemente inquinati” tre dei punti campionati (tutti in provincia di Brescia): e stiamo parlando del lago presso la foce di un canale vicino la spiaggia in località Le Rive a Salò; della foce di un torrente nei pressi del porto di Padenghe sul Garda e della foce di un rio nell’Oasi San Francesco del Garda a Desenzano. Due punti sono, invece risultati “inquinati”: e sono la foce del torrente Toscolano sul lungolago di Toscolano Maderno e la foce di un torrente al fianco del porto in località Santa Maria di Lugana a Sirmione. Località quest’ultima per la prima volta monitorata dalla Goletta di Legambiente. Infine, entro i limiti di legge previsti dalla normativa vigente in Italia sulle acque lacustri, risultano positivamente essere gli altri due punti campionati sulla sponda lombarda: e cioè il lungo lago Cesare Battisti di Desenzanino e l’ inizio della passeggiata Maratona-Rivoltella, entrambi a Desenzano del Garda. Legambiente commenta il suo monitoraggio dichiarando che “anche in questa edizione di Goletta dei Laghi si riconfermano, purtroppo, le criticità rilevate negli anni scorsi, legate a torrenti e canali che dall’entroterra portano reflui non depurati al lago: dopo così tanti anni di segnalazioni sembra, dunque, vi sia stata una sottovalutazione dei problemi segnalati”. L’Organizzazione ambientalista chiede, pertanto, alle autorità competenti di indagare su questo fenomeno, uscendo dalla annosa questione relativa alla progettazione del nuovo sistema di depurazione ed eliminando lo spostamento dei reflui dal Lago di Garda a Gavardo, nell’entroterra. Serve, quindi, continua Legambiente, “concentrarsi sulle soluzioni che tengano conto anche delle mutate condizioni territoriali dovute agli impatti del cambiamento climatico, così da garantire la sicurezza del lago e l’adeguatezza della depurazione dei reflui”. Molto meglio, invece, la situazione in Veneto, dove tutti i sei punti monitorati presentano concentrazioni inferiori rispetto ai limiti di legge previsti dalla normativa vigente in Italia sulle acque lacustri. I dati di quest’anno riferiti alla sponda veneta del Garda indicano, infatti, una situazione migliore rispetto a quella delle scorse edizioni di Goletta dei Laghi, con le acque che, se confrontate con la serie storica, risultano essere meno inquinate da escherichia coli. Sempre Legambiente segnala però il fatto che l’attuale momento di grave siccità potrebbe aver portato i depuratori ad avere meno perdite e, di conseguenza, la rete idrica secondaria a condurre meno reflui zootecnici. Comunque, sulla base dei risultati complessivi dei campionamenti effettuati sia sulla sponda veneta, che su quella lombarda, Legambiente sottolinea l’esigenza fondamentale di arrivare ad una gestione unitaria del Garda, con standard e obiettivi da raggiungere attraverso azioni coordinate, poiché “ il lago non può essere considerato un elemento dove passano confini territoriali, ma va piuttosto inquadrato come un unico grande ecosistema”.
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  • Gli incendi hanno bruciato “il triplo degli ettari del 2020” | 04/07/2022 | Sostenibilità
    Jul 4 2022
    L'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale che fa capo al ministero della Transizione ecologica) rende noto che l’ondata di incendi che ha colpito l’Italia nel 20211 ha bruciato “il triplo degli ettari del 2020”, soprattutto nel Mezzogiorno. La regione più martoriata è stata la Sicilia, mentre la Sardegna è quella che ha registrato l’incendio più vasto. Sempre l’Ispra precisa che, negli ultimi vent'anni, il 40-50% del territorio colpito da incendio è risultato costituito da foreste: e poiché 1/3 del territorio nazionale è ricoperto da foreste (circa 8,5 milioni di ettari), nel 2021 è bruciata in totale una superficie pari allo 0,5% del territorio stesso. Tra l’altro, nelle aree protette nazionali, gli effetti degli incendi del 2021 hanno interessato un'ampia porzione di ecosistemi forestali ( e cioè il 32% dell'area totale bruciata ). Nello specifico, durante il 2021, i parchi nazionali hanno contribuito ad una potenziale perdita di copertura arborea pari a circa il 57% di tutte le aree forestali bruciate nelle aree protette italiane ( e stiamo parlando di siti Rete Natura 2000 e di Riserve e parchi naturali regionali). Uno dei siti maggiormente colpiti l’estate scorsa è stato il Parco Nazionale dell'Aspromonte, dove è andato in fumo circa il 10% del patrimonio boschivo, attaccando peraltro due boschi vetusti: la Faggeta di Valle Infernale (patrimonio mondiale dell'Umanità Unesco) e il Bosco di Acatti, entrambi custoditi all'interno dell'area protetta. La Sicilia - che come si diceva è stata la regione più penalizzata - ha subito incendi su circa il 3,5% della sua superficie complessiva, coinvolgendo il 60% dei comuni dell'isola (su un totale di 235 comuni). La seconda area più colpita dalle fiamme nel 2021 è risultata, invece, essere la Calabria, per una superficie pari al 2,4% del suo territorio, con 240 comuni interessati. Questa regione ha subìto, in termini di superficie totale di boschi bruciata, il maggiore impatto per incendi pari al 37% dell'area totale: ed a questo proposito, l’Ispra segnala che, di questi siti bruciati, 1/4 è costituita da boschi di conifere. La Sardegna segue al terzo posto tra le regioni più colpite per aree forestali bruciate rispetto al contesto nazionale: nel 2021 è stata interessata da soli 40 eventi (rispetto, ad esempio, ai circa 500 della Sicilia), ma in un unico incendio, avvenuto a fine luglio nel complesso Forestale Montiferru-Planargia, è stato travolto dalle fiamme circa il 63% del totale del territorio interessato da incendi della Regione, risultando così l'incendio più esteso in tutta Italia in termini di area bruciata e coinvolgendo 10 comuni del Montiferru, con gravissimi danni sia economici e sociali, che ambientali. Scrive l’Ispra che “il legame tra cambiamenti climatici e incendi è complesso: pertanto, non vanno considerati solo gli effetti diretti della siccità prolungata e delle alte temperature, ma anche quelli del clima sugli insetti e sulle malattie delle piante, che le rendono più vulnerabili, facendole, quindi, ancora e, quindi, più suscettibili agli incendi. Inoltre, gli effetti e i danni agli ecosistemi forestali causati dagli incendi possono accelerare i processi di perdita di biodiversità, il rilascio di anidride carbonica, l’aumento del rischio idrogeologico, l’erosione del suolo, oltre all’ inquinamento da polveri dell'aria e dei corpi idrici”.
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  • In Italia viene raccolto solo un terzo degli olii alimentari esausti | 01/07/2022 | Sostenibilità
    Jul 1 2022
    In Italia viene raccolto solo un terzo degli olii alimentari esausti: per l’esattezza, 80.000 tonnellate all'anno su 240.000. Colpa della scarsità dei punti di raccolta, che sono solamente 1.500 in tutto il Paese, vale a dire 1 ogni 39.000 abitanti. Il che fa perdere ogni anno 16 milioni di euro per il mancato riciclo: l’Italia utilizza 200.000 tonnellate all'anno di olii esausti, in gran parte importati, per produrre soprattutto biocarburanti. Ma soprattutto, 1 kg di olio vegetale esausto buttato nella fogna può inquinare una superficie d'acqua di 1.000 metri quadrati. Sono questi alcuni dei dati forniti dal web magazine “EconomiaCircolare.com” e dall'app “Junker “nel dossier intitolato “Scusa, mi ricicli l'olio?”. Tutto l'olio raccolto – spiega la presidenza di Ren Oils, il consorzio di recupero degli olii vegetali esausti - viene recuperato e riutilizzato: non se ne perde, infatti, neanche una goccia. Opportunamente trattato, questo rifiuto speciale può tornare a nuova vita sotto diverse forme: soprattutto come biodiesel, ma anche come bio-lubrificanti per macchine agricole o nautiche, saponi, prodotti cosmetici e inchiostri. RenOils stima che “se gli oli venissero raccolti da tutte le famiglie e tutti i ristoranti, in Italia potremmo raccogliere tra le 230 e le 240mila tonnellate annue”. Invece, come si è detto, se ne riescono a recuperare appena 80mila tonnellate. Ogni goccia d'olio fatta sparire nello scarico rappresenta una minaccia per gli ecosistemi: 1 kg di olio vegetale esausto può, infatti, inquinare una superficie d'acqua di 1.000 mq, per non parlare, infine, dei danni alla rete fognaria e al sistema di depurazione.
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  • I leader del G7 hanno deciso di dare vita ad un "Club del clima" | 30/06/2022 | Sostenibilità
    Jun 30 2022
    I leader del G7 hanno deciso di dare vita ad un "Club del clima", per rafforzare e ampliare la cooperazione nella lotta contro il riscaldamento globale. Lo si apprende leggendo la bozza del comunicato finale del vertice G7 tenutosi in Germania. “Approviamo – scrivono i capi di governo dei 7 Grandi - gli obiettivi di un Club del Clima internazionale aperto e cooperativo e lavoreremo con i partner per istituirlo entro la fine del 2022”. Il G7 si impegna, inoltre, per promuovere un'azione urgente, ambiziosa ed inclusiva, per allinearsi ai percorsi di 1,5°C e per accelerare l'attuazione dell'Accordo di Parigi. L’impegno sarà finalizzato anche a realizzare un settore stradale altamente decarbonizzato entro il 2030, un settore energetico completamente o prevalentemente decarbonizzato entro il 2035, oltre a dare priorità a passi concreti e tempestivi verso l'obiettivo di accelerare l'eliminazione graduale dell'energia elettrica nazionale derivante da carbone non abbattuto.
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  • Dare la priorità al cibo rispetto al carburante | 29/06/2022 | Sostenibilità
    Jun 29 2022
    Le associazioni ambientaliste europee associate al network di “Transport&Environment” hanno esortato i governi del G7 a dare la priorità al cibo rispetto al carburante e a porre fine immediatamente all'uso dei biocarburanti in competizione con le produzioni alimentari. A renderlo noto è un comunicato di Legambiente, nel quale si ricorda come “anche in Italia usiamo circa un milione di tonnellate di olio di palma: delle quali metà viene miscelata nel gasolio dei motori diesel e l'altra metà viene utilizzata per produrre elettricità verde”. In entrambi i casi – spiega Legambiente - si tratta di autentico "greenwashing", come del resto ha confermato la causa vinta dalla stessa Legambiente, contro il “biodiesel” di Eni del gennaio 2019. Cereali e semi oleosi costituiscono, infatti, alimenti per il miliardo di esseri umani più poveri e non devono, quindi, diventare una fonte energetica “per lavare – scrive sempre l’Organizzazione ecologista - la coscienza dei governi statunitensi ed europei”. L'Italia e l'Europa debbono, pertanto, togliere subito gli incentivi ai biocarburanti, poichè si tratta di falsi rinnovabili. Di fronte ad una crisi alimentare globale, l’appello inviato al G7 afferma che non ci si può permettere di bruciare cereali e oli vegetali nei serbatoi delle nostre auto. Ed il Governo italiano - che ha spesso manifestato la preoccupazione di una crisi alimentare - dovrebbe unirsi a Regno Unito e Germania che hanno annunciato l'intenzione di limitare i biocarburanti da coltura. “In questi tempi di guerra – conclude Legambiente - i biocarburanti vengono, infatti, spesso presentati come un'alternativa al petrolio, ma la realtà è che arrivano a costare quasi il doppio dei combustibili fossili”.
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  • Lo svolgimento a Lisbona l’Ocean Conference dell’Onu | 28/06/2022 | Sostenibilità
    Jun 28 2022
    E’ in corso di svolgimento a Lisbona l’Ocean Conference dell’Onu, ospitata quest’anno dal Portogallo in collaborazione col Kenya: si tratta di un evento di rilevanza mondiale che si concluderà venerdì primo luglio e che vede la partecipazione dei governi, delle organizzazioni della società civile e dei partner del settore imprenditoriale e associativo. Tutti riuniti allo scopo di confermare il proprio impegno nell’assumere un ruolo attivo nel raggiungimento dei traguardi fissati dall’obiettivo di sviluppo sostenibile n° 14 dell’ONU: quello che cioè concerne la “Salvaguardia della Vita Marina”. Tra i vari enti partecipanti alla Conferenza figura anche Legambiente, la quale, nella consapevolezza del momento così critico e decisivo per il futuro degli oceani e dei mari, si è detta “particolarmente orgogliosa di poter confermare la sua partecipazione attiva alla Conferenza di Lisbona anche organizzando il side event online “Scienza e conoscenza: una rete a tutela del Mediterraneo contro i rifiuti marini””, che si terrà proprio oggi, 28 giugno. Coerentemente con l’accordo sottoscritto unitamente all’Università di Siena nel 2017 alla prima Ocean Conference di New York, durante questo evento online Legambiente intende presentare i progressi ottenuti finora nella tutela della salute del Mediterraneo, con particolare attenzione al tema dei rifiuti dispersi nel mare e lungo le coste. L’Organizzazione ambientalista italiana ricorda che “gli oceani e i mari sono stati spesso considerati come fonte di materie prime illimitate in grado di sostenere la crescita industriale, ma anche di assorbire la produzione incontrollata di qualsiasi tipo di rifiuto. Ma negli ultimi anni, in particolare, le plastiche sono diventate una grave minaccia crescente per l’ambiente marino, con effetti letali per le specie marine e con potenziali minacce per la salute umana”. Infatti, i rifiuti intrappolano, feriscono o vengono ingeriti dagli organismi acquatici ed offrono trasporto alle specie aliene per raggiungere ambienti estranei al loro ambiente originale: tuttavia, il problema più grande è quello che le plastiche non scompaiono, ma rimangono, invece, per decenni nell’ambiente e si frammentano in pezzi sempre più piccoli, impossibili da rimuovere e da individuare. E stiamo parlando delle microplastiche (frammenti di dimensione minore di 5 mm), che – come spiega Legambiente - “hanno una via facilitata per entrare nella catena alimentare e contaminarla”. Durante l’evento i relatori non si limiteranno a fornire delle informazioni per accrescere la consapevolezza circa il fenomeno dei rifiuti marini, ma avranno anche l’occasione di confrontarsi sulla possibilità di realizzare nuovi strumenti e attività che sappiano coniugare scienza e campagne di sensibilizzazione. La finalità è, quindi, quella di promuovere un nuovo approccio partecipativo che coinvolga le parti interessate e le comunità locali, con l’ambizione di sperimentare un modello potenzialmente trasferibile a tutto il bacino mediterraneo.
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